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Il termine italiano «induismo», così come tutti i termini correlati al subcontinente indiano con cui condivide la radice, si fa derivare dall'antica parola utilizzata, fin dall'epoca Achemenide, per indicare il fiume Indo. Inizialmente il termine Hindū, prettamente geografico, non faceva quindi alcun riferimento a un sistema di credenze religiose: l'allargamento del suo significato ebbe origine all'epoca della diffusione del cristianesimo per designare gli indiani non convertiti, ovvero coloro che abitavano al di là del fiume Indo, nei territori ancora non sottomessi all'Islam.
Dopo la colonizzazione britannica, il termine inglese Hinduism fu impiegato per indicare un insieme variabile di fatti religiosi e tradotto nelle principali lingue europee.
Nel 1966 la Corte suprema dell'India ha definito il quadro dell'induismo sui seguenti principi:
1. l'accettazione rispettosa dei Veda come la più alta autorità riguardo agli argomenti religiosi e filosofici, e l'accettazione rispettosa dei Veda da parte dei pensatori e filosofi induisti come base unica della filosofia induista;
2. lo spirito di tolleranza e di buona volontà per comprendere e apprezzare il punto di vista dell'avversario, basato sulla rivelazione che la verità possiede molteplici apparenze;
3. l'accettazione, da parte di ciascuno dei sei sistemi di filosofia induista, di un ritmo dell'esistenza cosmica che conosce periodi di creazione, di conservazione e di distruzione, periodi, o Yuga che si succedono senza fine;
4. l'accettazione da parte di tutti i sistemi filosofici induisti della fede nella rinascita e preesistenza degli esseri.
5. il riconoscimento del fatto che i mezzi o i modi di raggiungere la salvezza sono molteplici;
6. la comprensione della verità che, per quanto grande possa essere il numero delle divinità da adorare, si può essere induisti e non credere che sia necessario adorare le murti (rappresentazioni) delle divinità;
7. a differenza di altre religioni o fedi, la religione induista non è legata a un insieme definito di concetti filosofici.

L'induismo, tradizionalmente denominato "Insegnamento eterno" in quanto non proveniente dall'esperienza umana, è peraltro più un modo di vivere, di pensare e di organizzare la stessa società in modo religioso, che una religione organizzata. Il riferimento tana Dharma indica che un "induista" è colui che crede alle credenze religiose riportate nei Veda (devanāgarī वेद, "sapere", "conoscere" riferito al sacro)[3]. I Veda sono tra le scritture religiose più antiche del mondo e il loro insegnamento complessivo indica nella natura dell'uomo una realtà sacra. Il divino è presente in ogni essere vivente. La religione induista è dunque una ricerca e una conoscenza di sé, una ricerca del sacro presente in ogni individualità.
Tuttavia va riconosciuto il carattere profondamente etnico di questa fede religiosa. Tale base etnica è inequivocabilmente dimostrata dal fatto che presso i principali santuari dell'induismo [4], appartenenti a differenti darśana, possono avere ingresso solo gli indiani appartenenti ad un varṇa, a prescindere dalla loro fede religiosa, e non i non-indiani, anche se professanti una fede induista.
Il più tardo Vedānta riconosce che ci sono molti approcci diversi a Dio, e tutti sono validi. Non importa quale genere di pratica spirituale si conduca, poiché ognuna conduce al medesimo stato di realizzazione del Sé. Così i Vedānta insegnano il rispetto di tutte le credenze e si distinguono dalla maggior parte delle altre fedi maggiori per il loro forte incoraggiamento alla tolleranza verso questi diversi sistemi di fede.
In sanscrito, il termine Sindhu indica in senso generale una distesa d'acqua (un mare, o un lago), ed in particolare il fiume Indo. Gli Arya chiamavano il proprio territorio Sapta Sindhu, la terra dei sette fiumi (tra i quali appunto l'Indo), con un'espressione attestata numerose volte nel Rig-veda. Il suono /s/ (iniziale e intervocalico) in persiano antico diventa /h/, e così nell'Avesta Sapta Sindhu diventa Hapta Hindhu. La regione a est del fiume Indo diventa così l'Hindustan, e i suoi abitanti sono chiamati "hindu" (indù) dai Persiani e, più tardi, da Greci e Romani. L'utilizzo del termine hindu nell'accezione di "abitanti dell'India", probabilmente per influenza iranica, è attestato in alcuni testi medioevali in sanscrito, quali Bhavishya Purâna, Kâlikâ Purâna, Merutantra, Râmakosha, Hemantakavikosha ed Adbhutarûpakosha.
L'induismo è definito anche "arya dharma", la religione degli Arya (e quindi nobile) e "Vaidika Dharma", la religione dei Veda.