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L'Induismo (o, secondo alcuni orientalisti italiani, più correttamente Hindūismo) tradizionalmente denominato Sanatana dharma (sanscrito सनातन धर्म, IAST Sanātana dharma, «Insegnamento eterno»), è una tra le più antiche delle principali religioni del mondo e, con circa 1 miliardo di fedeli, di cui 900 milioni in India[2], è attualmente la terza più praticata, dopo il Cristianesimo e l'Islam.
Dare una definizione unitaria dell'Induismo è difficile, poiché esso – più che una singola religione in senso stretto – si può considerare una serie di correnti religiose, devozionali e/o metafisiche e/o filosofico-speculative eterogenee, aventi sì un comune nucleo di valori e credenze, ma differenti tra loro a seconda del modo in cui interpretano la tradizione, e a seconda di quale aspetto diviene oggetto di focalizzazione per le singole correnti.
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• Induismo
o Yoga
o Śivaismo
o Vaishnavismo
o Samkhya
o Vedānta
• Jainismo
• Sikhismo
• Buddhismo
• Confucianesimo
• Neoconfucianesimo
• Legismo
• Moismo
• Taoismo
• Zen
• Amidismo
• Shintoismo
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Curiosamente, la logica aristotelica e la logica formale tradizionale falliscono proprio nello spiegare una delle teorie più avanzate e dettagliate nelle scienze naturali: la teoria dei quanti. È esemplificativo il dualismo onda-particella, e i molti casi in cui il principio dell'aut-aut (principio del terzo escluso) non vale: ad esempio tutta l'informatica quantistica si basa sul concetto di qubit, dove il valore di un elemento d'informazione non è o 0 o 1 (cioè non è binario), ma una sovrapposizione di stati, né completamente 0, né completamente 1. Nell'immediato dopoguerra molti furono i successi nella fisica quantistica nell'oriente, proprio perché questo modo di pensare era più vicino alla loro concezione del mondo, alla loro filosofia.
In anticipo di secoli sull'occidente, Cinesi e Indiani avevano sviluppato metodi matematici molto avanzati: siamo indebitati con gli Indiani per aver sviluppato un'aritmetica in cui il valore di un numero non era basato sulla quantità dei segni, ma sulla posizione. Oltretutto avevano già scoperto il teorema di Pitagora almeno 5 secoli prima di Platone (vedi il teorema cinese del resto e il Sulvasutra indiano).
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Con filosofie orientali si indicano, in senso lato, le tradizioni speculative del continente asiatico.
L'insieme di Weltanschauung (visione del mondo), etica e morale offerto da molte tradizioni orientali è paragonabile alle tradizioni filosofiche occidentali. Ad esempio, nel Buddhismo esistono svariate scuole, tra cui la Theravāda (la "scuola degli anziani", da alcuni detta Hīnayāna, "veicolo inferiore"), che tratta più di filosofia personale, ma anche il Mahāyāna o "grande veicolo", di impostazione più simile alla filosofia occidentale.
In Cina si sono sviluppate nei secoli varie scuole di pensiero molto diversificate, alcune delle quali, come la Taoista e la Moista, hanno contribuito allo sviluppo di una visione del mondo naturalistica, altre, come la Logicista, hanno iniziato un interessante studio della logica (che non è però proseguito) in una maniera che ricorda la Sofistica. Il Confucianesimo, il Taoismo ed il Legismo hanno dibattuto sulla natura dello stato e della politica. Infine, i Naturalisti svilupparono il discorso sul monismo naturalistico e diedero le basi teoriche per il pensiero scientifico cinese.
La trasmissione da maestro ad allievo, che spesso viene considerata tipica delle filosofie orientali, avviene attraverso dialogo e confronto, e non esclusivamente attraverso dogmi: basti pensare ai koan: enigmi, indovinelli da risolvere mediante ragionamento filosofico e non logico, poiché in un certo senso trascendono la logica. Proprio questa apertura mentale porta all'esistenza, nelle filosofie orientali, di diverse scuole senza che vi siano netti scismi: senza dogmi fissi, si accettano le teorie delle altre scuole come si accettano diverse teorie fisiche, finché una non si dimostra migliore delle altre.