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Nella estrema varietà dell'induismo si trovano dei valori comuni a tutti i credenti, ovvero:
• la fede nel Dharma (Legge Cosmica, il modo in cui tutte le cose sono)
• Samsāra (Reincarnazione, rinascita)
• Karma (azione, il ciclo di causa-effetto)
• il Moksha (liberazione, trascendenza) di ogni anima attraverso dei percorsi spirituali quali:
o Bhakti (devozione)
o Karma (inteso come azione personale)
o Jñāna (Illuminazione, Conoscenza)
• e naturalmente con la fede in Dio (Īśvara).
La trasmigrazione dell'anima è regolata dal Karma: la filosofia del Karma è basata sulle azioni compiute dal soggetto, che resteranno impresse sulla sua anima (Ātman) dell'essere individuale (jīva), attraverso un ciclo di nascita e morte fino alla liberazione definitiva (mokṣa)
La teoria secondo la quale ci si possa convertire all'Induismo è contestabile. Infatti l'Induismo non è una fede evangelica come il Cristianesimo o l'Islam essendo totalmente assente dagli scritti induisti il momento della conversione religiosa, per uno straniero l'essere o meno indù dipende dalla sua accettazione come parte della comunità induista. L'Induismo, infatti, riconosce come egualmente validi numerosi cammini spirituali.
Peculiare è anche il fatto che, benché la mitologia indiana riconosca l'esistenza di esseri demoniaci (asura o rakshasa), opposti ai deva, la filosofia indiana non crede all'esistenza di un Diavolo, causa di tutto il male.
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Benché l'induismo sia il nome comune di un insieme di culti diversi, ogni indù condivide un nucleo di valori comuni. La somma di questi valori identifica il credente indù.
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venerdì, dicembre 10, 2010
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Dare una definizione veritiera di induismo sembra un'impresa azzardata, tanto il concetto è complesso e multiforme. È dunque preferibile passare in rassegna l'induismo attraverso le sue idee e le sue pratiche. L'induismo esiste attualmente su due piani differenti, il primo basato puramente sulla fede e il secondo basato sulla filosofia, anche se spesso i due piani si incrociano.[senza fonte]

Approfondimento
Si può tracciare un parallelo interessante tra la trinità cristiana e le tre divinità principali del Pantheon induista, che prendono il nome di Trimurti: Brahma, Vishnu e Shiva. Sono i tre aspetti fondamentali del Divino, così come l'onda e il fotone sono due aspetti della luce. Brahma rappresenta il creatore, Vishnu il conservatore e Shiva il distruttore all'interno del ciclo dell'esistenza. Spesso la Trimurti è venerata come un'unica deità, così come nella tradizione cristiana si parla di Dio "Uno e Trino" al tempo stesso.[senza fonte]


• Il piano filosofico:
Si contano tradizionalmente sei antiche astika o scuole di filosofia ortodosse (ortodosse perché accettano l'autorità dei Veda), dette Darshana o Shad Dharshana (le Sei Darshana): Nyaya, Vaisheshika, Samkhya, Yoga, Purva Mimamsa (o semplicemente Mimamsa) e Uttara Mimamsa (o Vedānta). Le nastika, o scuole non ortodosse, che non sono qui trattate, sono il giainismo, il buddhismo, il chārvāka, e l'ateismo antico classico dell'India che confuta l'esistenza dell'anima o Ātman.
• Il piano della fede:
Contrariamente all'opinione popolare, il vero induismo non è né politeista né monoteista, ma è propriamente una religione enoteista. Le diverse divinità e avatara adorati dagli indù sono considerati come diverse forme dell'Uno, il Dio Supremo, o Brahman, che egli adotta per rendersi accessibile all'uomo ( attenzione a non confondere Brahman, l'Essere Supremo e fonte ultima di ogni energia divina, con Brahma, il creatore del nostro universo particolare).
[senza fonte] Il Brahmanesimo, che è la forma moderna della religione vedica si divide in rami, essi stessi divisi in varie correnti[senza fonte]:
• il Visnuismo, o vaishnavismo, che si rapporta all'Uno in quanto Vishnu, o tramite uno dei suoi avatar. I libri sacri sono il Bhāgavata-Purāna spesso chiamato Shrīmad-bhāghavatam, e la Bhagavad-Gītā.
• lo Shivaismo, o shaivismo, che si rifà principalmente al culto di Shiva, divinità pre-vedica adorata inizialmente con il nome di Rudra, a cui è dedicato lo Shiva Purana.
• il Tantrismo che si suddivide in due o tre filoni secondo le classificazioni e il cui scopo è la realizzazione della shakti, l'energia vitale spesso associata a una forma di Devī, la Dea madre dai molti nomi (Kali, Durga, ecc.)
Ciascuno di questi culti si pratica con i medesimi mezzi filosofici o di yoga, sono solo i loro metodi che differiscono. Questi culti non devono essere considerati come delle "chiese", perché non esiste alcun dogma, e perché le credenze individuali sono sempre rispettate. La maggior parte degli indù si considera non appartenente a nessuna "setta" in particolare. Ci sono altresì numerose organizzazioni riformatrici, come l'Arya Samaj ("Società degli Arya") che adottano il monoteismo e la fede nei Veda, ma respingono l'idolatria.
I Vaishnava, che costituiscono approssimativamente l'80% degli indù di oggi, adorano uno dei tre più recenti avatar - o incarnazioni terrestri - di Vishnu come divinità principale. Il settimo avatar di Vishnu è Rama, l'ottavo è Krishna, e il nono cambia secondo le fonti: è identificato con Buddha nella grande maggioranza delle scuole, ma anche, più raramente e meno seriamente, con Gesù Cristo. L'integrazione di Buddha nel pantheon indù è comparsa tardi, probabilmente nell'VIII secolo; questo procedimento - in fin dei conti abbastanza ardito - è l'espressione della controriforma brahmanica al Buddhismo, iniziata nel II secolo a.C. Alcuni riconoscono tutti i personaggi menzionati come veri avatar, aumentando così il numero tradizionale di dieci avatar (incluso Kalki, che apparirà alla fine dell'era presente, il Kali Yuga) fino a 27.
La maggior parte degli indù restanti (il 20% del totale) sono Shivaiti; il resto si consacra a Shakti, o Ishvari, una delle cui forme è la dea Kali, una divinità benefica e terrifica al tempo stesso. Tuttavia, solitamente, il credente induista possiede nella propria dimora le rappresentazioni (murti) di molte di queste (ed altre) forme di Dio (Īśvara).
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Il termine italiano «induismo», così come tutti i termini correlati al subcontinente indiano con cui condivide la radice, si fa derivare dall'antica parola utilizzata, fin dall'epoca Achemenide, per indicare il fiume Indo. Inizialmente il termine Hindū, prettamente geografico, non faceva quindi alcun riferimento a un sistema di credenze religiose: l'allargamento del suo significato ebbe origine all'epoca della diffusione del cristianesimo per designare gli indiani non convertiti, ovvero coloro che abitavano al di là del fiume Indo, nei territori ancora non sottomessi all'Islam.
Dopo la colonizzazione britannica, il termine inglese Hinduism fu impiegato per indicare un insieme variabile di fatti religiosi e tradotto nelle principali lingue europee.
Nel 1966 la Corte suprema dell'India ha definito il quadro dell'induismo sui seguenti principi:
1. l'accettazione rispettosa dei Veda come la più alta autorità riguardo agli argomenti religiosi e filosofici, e l'accettazione rispettosa dei Veda da parte dei pensatori e filosofi induisti come base unica della filosofia induista;
2. lo spirito di tolleranza e di buona volontà per comprendere e apprezzare il punto di vista dell'avversario, basato sulla rivelazione che la verità possiede molteplici apparenze;
3. l'accettazione, da parte di ciascuno dei sei sistemi di filosofia induista, di un ritmo dell'esistenza cosmica che conosce periodi di creazione, di conservazione e di distruzione, periodi, o Yuga che si succedono senza fine;
4. l'accettazione da parte di tutti i sistemi filosofici induisti della fede nella rinascita e preesistenza degli esseri.
5. il riconoscimento del fatto che i mezzi o i modi di raggiungere la salvezza sono molteplici;
6. la comprensione della verità che, per quanto grande possa essere il numero delle divinità da adorare, si può essere induisti e non credere che sia necessario adorare le murti (rappresentazioni) delle divinità;
7. a differenza di altre religioni o fedi, la religione induista non è legata a un insieme definito di concetti filosofici.

L'induismo, tradizionalmente denominato "Insegnamento eterno" in quanto non proveniente dall'esperienza umana, è peraltro più un modo di vivere, di pensare e di organizzare la stessa società in modo religioso, che una religione organizzata. Il riferimento tana Dharma indica che un "induista" è colui che crede alle credenze religiose riportate nei Veda (devanāgarī वेद, "sapere", "conoscere" riferito al sacro)[3]. I Veda sono tra le scritture religiose più antiche del mondo e il loro insegnamento complessivo indica nella natura dell'uomo una realtà sacra. Il divino è presente in ogni essere vivente. La religione induista è dunque una ricerca e una conoscenza di sé, una ricerca del sacro presente in ogni individualità.
Tuttavia va riconosciuto il carattere profondamente etnico di questa fede religiosa. Tale base etnica è inequivocabilmente dimostrata dal fatto che presso i principali santuari dell'induismo [4], appartenenti a differenti darśana, possono avere ingresso solo gli indiani appartenenti ad un varṇa, a prescindere dalla loro fede religiosa, e non i non-indiani, anche se professanti una fede induista.
Il più tardo Vedānta riconosce che ci sono molti approcci diversi a Dio, e tutti sono validi. Non importa quale genere di pratica spirituale si conduca, poiché ognuna conduce al medesimo stato di realizzazione del Sé. Così i Vedānta insegnano il rispetto di tutte le credenze e si distinguono dalla maggior parte delle altre fedi maggiori per il loro forte incoraggiamento alla tolleranza verso questi diversi sistemi di fede.
In sanscrito, il termine Sindhu indica in senso generale una distesa d'acqua (un mare, o un lago), ed in particolare il fiume Indo. Gli Arya chiamavano il proprio territorio Sapta Sindhu, la terra dei sette fiumi (tra i quali appunto l'Indo), con un'espressione attestata numerose volte nel Rig-veda. Il suono /s/ (iniziale e intervocalico) in persiano antico diventa /h/, e così nell'Avesta Sapta Sindhu diventa Hapta Hindhu. La regione a est del fiume Indo diventa così l'Hindustan, e i suoi abitanti sono chiamati "hindu" (indù) dai Persiani e, più tardi, da Greci e Romani. L'utilizzo del termine hindu nell'accezione di "abitanti dell'India", probabilmente per influenza iranica, è attestato in alcuni testi medioevali in sanscrito, quali Bhavishya Purâna, Kâlikâ Purâna, Merutantra, Râmakosha, Hemantakavikosha ed Adbhutarûpakosha.
L'induismo è definito anche "arya dharma", la religione degli Arya (e quindi nobile) e "Vaidika Dharma", la religione dei Veda.