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Secondo alcuni non è corretto parlare di "Dio" in un contesto induista. Questo può essere vero solo in seguito ad un'analisi superficiale, poiché tale termine, nella cultura indù, può riferirsi tanto alla totalità del Divino quanto ai Suoi singoli aspetti: ad esempio, l'aspetto personale o quello impersonale, l'aspetto creativo o quello distruttivo, l'aspetto femminile o quello maschile, l'aspetto dolce o quello austero, l'aspetto trascendente o quello immanente, e così via.
Questa tendenza a racchiudere in simbologie aspetti tra loro opposti e complementari spiega l'apparente contraddizione tra le varie forme di Dio venerate nell'Induismo. Ciò si riflette nel sistema delle murti (raffigurazioni di Dio o dei Suoi aspetti): per fare alcuni esempi, Devi (ossia l'aspetto materno/femminile di Dio), a seconda dell'aspetto che si vuole considerare, viene chiamata Kali (aspetto terrifico della Madre Divina che, per amore del devoto, distrugge i demoni) oppure Bhavani (aspetto creativo della Madre Divina, lett. "Colei che dà la vita"); e, allo stesso modo, Shiva (l'aspetto paterno/maschile di Dio) viene chiamato a seconda dei casi Hara (lett. Distruttore) o Shankara (lett. Benefico).
I Veda descrivono il Brahman (/brəh mən/) come la Realtà Ultima, l'Anima Assoluta ed Universale. Il Brahman, un panteistico Spirito Cosmico, è indescrivibile, incorporeo, originale, infinito, assoluto, trascendente ed immanente, eterno. È il principio ultimo che non ha avuto inizio, non ha una fine, è nascosto in tutte le cose ed è la causa, la fonte, la materia e l'effetto di tutta la creazione conosciuta e sconosciuta. Esso è l'origine di tutti i Deva (esseri celesti), e rappresenta la base del manifesto e dell'immanifesto, uno stato indifferenziato di puro essere, eternità e beatitudine, situato al di là di qualsiasi speculazione filosofica o moto devozionale.
Solitamente, con "Dio" in un contesto induista ci si riferisce al Dio-persona (generalmente chiamato Īśvara, che significa "il Signore Supremo"), o il Dio con una Sua individualità, con degli attributi, con Nomi e Forme (in sanscrito, nama-rupa), il Dio dotato di tutti i poteri, al tempo stesso immanente e trascendente, il Dio che per amore dell'uomo si incarna ed impartisce gli insegnamenti necessari per ottenere la realizzazione spirituale. Ishvara (nelle sue innumerevoli forme e nomi) costituisce l'aspetto supremo di Dio presso i principali culti devozionali (Bhakti o Bhakti Yoga) monoteisti, ovvero Shivaismo (monoteismo di Shiva), Vaishnavismo (monoteismo di Vishnu / Krishna) e Shaktismo (monoteismo di Devi, la Madre Divina, chiamata anche Shakti). È importante sottolineare, tuttavia, che nessuno di questi culti nega l'esistenza o la validità delle altre forme/nomi divini; ciò che varia in ognuno di essi è soltanto l'aspetto peculiare (di Dio) su cui ci si vuole focalizzare, per farne oggetto di devozione.
Secondo la scuola di pensiero del Vedānta, in particolare secondo la filosofia Advaita (filosofia della non dualità), esiste un substrato metafisico di tutto ciò che esiste - su tutti i piani, grossolano, sottile e causale - un vero e proprio supporto situato al di là di ogni individualità, sia che essa riguardi l'anima individuale (detta Jīva) o quella universale (Ishvara, o Dio-persona). Questo substrato si trova oltre il mondo dei nomi e delle forme, ed è appunto il Brahman.
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Om, il più importante simbolo religioso dell'induismo.
Aum, solitamente translitterato in Om (ॐ), è il simbolo più sacro dell'Induismo, il suono primordiale, sintesi di ogni preghiera, rituale o formula sacra. È un segno carico di un messaggio simbolico profondo: è considerato come la vibrazione divina primitiva (Pranava) da cui ha avuto origine l'universo manifesto; rappresenta quindi la base metafisica di tutte le esistenze, l'abbraccio e fusione di tutta la natura nella Verità Ultima.
Viene utilizzato come prefisso (e talvolta come suffisso) nei mantra, e in quasi tutte le preghiere della tradizione induista.