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giovedì, dicembre 31, 2009
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Buon capodanno 2010 a tutti
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sabato, dicembre 26, 2009
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AUGURI DI BUON NATALE A TUTTI
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lunedì, dicembre 21, 2009
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Jigai (自害, Jigai?) era un tradizionale metodo di suicidio rituale praticato dalle donne in Giappone per mezzo del taglio della vena giugulare, con un coltello tantō (una lama di 15-30 cm) o kaiken (di 15 cm). Spesso veniva nascosto prima dell'atto sotto la cintura (chiamata obi) del kimono.
Il jigai è l'equivalente femminile del seppuku, il suicidio rituale praticato dai guerrieri samurai, conseguito tramite un profondo taglio dell'addome. Anche se, differentemente dal seppuku, si può compiere jigai senza assistenza (nel seppuku veniva individuato un kaishakunin che avrebbe tagliato una parte del collo al suicida). Per questo motivo si sarebbe notato un minimo sfiguramento del volto.
Prima di commettere jigai spesso una donna si legava insieme le ginocchia per far trovare il proprio corpo in una posa dignitosa, passate le convulsioni ante-mortem. Questo atto era spesso praticato per preservare l'onore se ci fosse stata un'imminente sconfitta militare o per prevenire uno stupro. L'esercito invasore, una volta entrato in una qualche abitazione, avrebbe visto la padrona di casa, seduta da sola, con la faccia rivolta dalla parte opposta rispetto alla porta ma una volta arrivato da lei, avrebbero scoperto che la stessa si era precedentemente e silenziosamente tolta la vita.

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venerdì, dicembre 11, 2009
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Yamamoto Tsunetomo noto anche con il nome buddhista Yamamoto Jōchō (山本 常朝, Yamamoto Jōchō?) (12 giugno 16591721) è stato un militare e filosofo giapponese.
Era un samurai della prefettura di Saga nella provincia di Hizen (Kyūshū) che serviva Mitsushige Nabeshima, al cui servizio era entrato all'età di soli 9 anni. A vent'anni conobbe prima Tannen, un monaco Zen che aveva lasciato il tempio locale in segno di protesta per la condanna di un altro monaco, e Ishida Ittei, un letterato confuciano consigliere di Nabeshima esiliato per più di 8 anni per essersi opposto alla decisione di un daimyō.
Quando il suo patrono morì nel 1700, non scelse il junshi (accompagnare il signore nella morte eseguendo il seppuku) perché Nabeshima aveva mostrato di condannare la pratica quando era in vita e voleva seguirne la volontà. Dopo alcuni screzi con il successore di Nabeshima, Yamamoto decise di prendere i voti buddhisti con il nome Jōchō e di ritirarsi in un eremo sulle montagne.
Ormai vecchio, tra il 1709 e 1716 raccontò i suoi pensieri a un altro samurai, Tsuramoto Tashiro; molti di questi riguardavano il padre e il nonno del suo patrono, il bushidō e la decadenza della casta samurai nel pacifico periodo Edo. Tashiro non pubblicò il contenuto delle conversazioni avute con Tsunetomo che molti anni più tardi, con il nome collettivo di Hagakure (葉隱 o 葉隠, Hagakure? "All'ombra delle foglie").
Lo Hagakure non fu molto noto durante gli anni dello shogunato, ma intorno agli anni '30 era divenuto uno dei testi più famosi sul bushidō insegnati in Giappone.

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