venerdì, gennaio 15, 2010
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Chūshingura (忠臣蔵) è un'opera teatrale
giapponese.
Il Kanadehon chūshingura, o più semplicemente Chūshingura, è forse l'opera teatrale giapponese più nota di tutti i tempi. Fu scritta da
Takeda Izumo e rappresentata per la prima volta nel
1748 a
Osaka al teatro Takemotoza. Essa descrive le eroiche gesta dei
Quarantasette rōnin: un gruppo di
samurai che vendicarono la morte del loro signore
Asano Naganori, costretto al
seppuku (suicidio rituale) in seguito ad un duello avvenuto all'interno del palazzo dello
shogun.
In realtà Asano aveva reagito alle ripetute provocazioni di un funzionario dello
shogun:
Kira Yoshinaka, il quale lo aveva ripetutamente offeso. In seguito alla morte di Asano, i suoi beni furono confiscati e la sua famiglia finì in rovina. I suoi
samurai persero anch'essi il loro status diventando appunto
rōnin.
Trascorso un lasso di tempo sufficiente a far allentare la protezione su Kira, i samurai di Asano lo assalirono e uccisero. Rifugiatisi successivamente nel tempio Sengakuji si suicidarono tutti compiendo il rituale
seppuku come estrema dimostrazione di fedeltà al loro signore.
Poco dopo i fatti, avvenuti dal
1701 al
1702, l'attacco al palazzo di Kira, in
Edo, avvenne infatti il
15 dicembre del
1702, cominciarono a circolare lavori teatrali che narravano la vicenda. Il teatro all'epoca era anche un mezzo di comunicazione di eventi, solitamente drammatici.
Quando andò in scena il Chushingura di Takeda, erano trascorsi quasi cinquant'anni dagli eventi e ormai i protagonisti erano divenuti eroi popolari leggendari. L'opera che fu rappresentata in origine come
jōruri (con marionette) fu riproposta nel
1749 come
kabuki, genere teatrale che all'epoca costituiva lo spettacolo favorito delle classi medio-borghesi.
Tuttora il dramma è rappresentato e la vicenda commuove profondamente, i quarantasette eroi sono considerati i più puri interpreti del
bushidō, l'insieme dei principi morali e comportamentali dei
samurai, che sono divenuti col tempo patrimonio etico dell'intero popolo giapponese. Poiché la parola
rōnin ha, nel linguaggio comune, una valenza spregiativa, i protagonisti della vicenda sono designati come "Quarantasette gishi (uomini retti)".
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